
Perché devi costringermi a comportarmi in questo modo?
Tu non mi capisci!
Non posso più cambiare le cose: chissà cosa accadrebbe se io...
Quante volte abbiamo ripetuto frasi come queste? Quante volte ci siamo arrabbiati perché abbiamo sentito che qualcuno ci stesse indirettamente obbligando a fare qualcosa che non volevamo? O perché qualcuno da cui ci aspettavamo massima comprensione, ha deciso di non capirci? Che fatica, dover accontentare tutti. Che fastidio, quando gli altri non si comportano come vorremmo, che rabbia (o che dolore) non essere rispettati nei nostri bisogni…
Dietro questo modo di pensare, dunque di esprimerci e di agire, lavora (spesso a nostra insaputa) una convinzione: l’idea che sia l’altro ad avere il potere (e la responsabilità) di determinare come stiamo, come ci sentiamo, o come ci “dovremmo” comportare.
Ma é veramente così? É davvero tra le mani dell’altro/a l’interruttore dei nostri sentimenti? É davvero l’altro/a a manovrare i fili delle nostre reazioni? E noi, quale ruolo giochiamo in queste dinamiche? Qual’è il potere che abbiamo? Quali sono le nostre responsabilità? Non possiamo nulla, in questo gioco di potere? Siamo veramente condannati, inermi, a questo tipo di schiavitù?
La splendida notizia è che no, non è un destino immutabile!
Siamo tutti immersi in relazioni che generano aspettative. Aspettative nostre, rispetto al comportamento degli altri; aspettative degli altri rispetto al nostro, di comportamento.
A volte queste aspettative sono chiare, esplicite, in qualche modo negoziate. In questo caso tutti gli attori coinvolti sono abbastanza consapevoli, quantomeno dei comportamenti attesi, se non proprio sempre delle dinamiche sottostanti. Altre volte invece le aspettative sono implicite, ed è qui, in questa nebbia di intenzioni attribuite all’altro o che l’altro ci attribuisce che si infiltrano dubbi, convinzioni, e si innescano di conseguenza ricatti o conflitti, derivanti dalla ripetuta delusione di aspettative.
Diradare la nebbia aiuta. Molto. Renderci consapevoli di quelle dinamiche può liberarci dalle schiavitù delle aspettative, in ogni direzione. Capire cosa accade dentro di noi quando ci arriva un certo tipo di richiesta, o osserviamo un certo altrui comportamento, ci svela le nostre reazioni (spesso automatiche). Analizzarne le conseguenze, i significati, esplorarne le convinzioni sottostanti, ci consentirà di aprire la porta a molteplici possibili scenari differenti, di renderci protagonisti consapevoli delle nostre decisioni ed azioni, e di abbandonare i nostri schemi abituali.

Gli schemi. Perché è così difficile riconoscerli, e poi abbandonarli? Beh, in fin dei conti li abbiamo faticosamente costruiti in anni di allenamento (più o meno inconsapevole) e ci hanno portato fin qui, quindi certamente hanno avuto una qualche utilità. Di per sé non sono giusti o sbagliati. Sono stati funzionali a qualcosa. Ma a volte capita che anche gli schemi più utili a un certo punto cessino di esserlo. Potrebbe essere che non siano cresciuti con noi e con le nostre esigenze di vita, e che diventino quindi disfunzionali. Quello è il momento in cui spesso cominciamo ad avvertire insofferenza e insoddisfazione, quindi quello è il momento in cui si creano dentro di noi le condizioni per abbandonarli. La abbiamo innata, quella capacità, per quanto possa sembrarci difficile.
Ma come si fa a riconoscere gli schemi, decidere se sono o meno funzionali, e se vogliamo o meno mantenerli? Una strada possibile è avviare un percorso di consapevolezza supportato da qualcuno. La potenza del Coaching ad esempio, è proprio quella di agire sull’espansione di consapevolezze rispetto a sé, alle proprie convinzioni, ai propri schemi, reazioni, comportamenti, e di mettere poi a terra queste comprensioni nella vita di tutti i giorni.
É l’unica strada? Ovviamente no. Tutto ciò che il coaching sblocca é già dentro di te. Qui. Ora. La parte difficile é accedervi senza giudizio, ma non é impossibile farlo da solo. Il Coaching potenzia, velocizza, supporta, accompagna, ma tutto dipende comunque da te.
E allora come? Prenditi del tempo per te, fermati a guardarti dentro. Rileggi gli avvenimenti importanti per te alla luce delle tue reazioni. Domandati: Cosa é accaduto? Cosa ha significato per me? Come ho reagito io? La mia mente, il mio cuore, il mio corpo? Come avrei voluto che fosse?
Dedicati del tempo, impara ad osservarti nel mondo, ad ascoltarti. Imparare ad essere più presente, qui, ora, é la chiave per riprendere il controllo della tua vita. Fallo qui, ora, adesso. Ascoltati. Cosa ti dice il tuo corpo in questo momento? Dove vanno i tuoi pensieri? Osserva le tue convinzioni, su te stesso/a e sugli altri, sulle cose che ti accadono, anche su queste poche righe che stai leggendo ora. Scopri queste convinzioni, esplorale, accoglile e poi prova a metterle in discussione: sono tutte convinzioni funzionali alla tua vita attuale? Hanno ancora senso nella tua vita, qui, ora?
Prova a farlo, fallo spesso, sempre più spesso, ogni volta che puoi. Non ti servono pozioni magiche o ricette segrete. Muovi il primo passo. E poi un altro. La direzione della tua vita dipende solo da te.
Prova. Funziona!
E se poi decidessi che questo ritmo non ti basta, e volessi accelerare il passo…beh mi trovi qui!